Nella primavera del 1944 venne giustiziato sulla sedia elettrica. Aveva 14 anni. Ma George Stinney jr,
il più giovane condannato a morte nella storia degli Stati Uniti, era
innocente. La verità è arrivata insieme alla giustizia, ma dopo 70 anni.
La sua è una storia che balza fuori dagli anni bui del razzismo. Il
ragazzino di colore era andato al patibolo in Carolina del Sud per il
duplice omicidio di due bambine bianche trovate morte con il cranio
fracassato.
Mary Emma Thames e Betty June Binnicker, 7 e 11 anni, vennero massacrate a colpi di spranga.
Stinney fu arrestato dopo che alcuni testimoni avevano raccontato di
averlo visto raccogliere fiori insieme alle due vittime. Il ragazzo
confessò. Ma quella verità venne estorta con la violenza. Venne
condannato senza dubbi da una giuria composta da soli bianchi. Dopo
nemmeno due mesi finì tra le mani del boia, a sole 12 settimane
dall’arresto. Ma nel 2004 uno storico si mette a studiare il caso.
Scopre – come riporta il Corriere della Sera – i buchi neri che
costellarono le indagini e il processo: le prove contro George erano
pochissime. Nel 2013 viene chiesta ufficialmente la riapertura
giudiziaria. E a gennaio 2014 il giudice Carmen Mullen
ascolta le testimonianze del fratello e delle sorelle di Stinney jr, e
di altre personme. I risultati dell’autospia vengono riletti e crollano.
L’epilogo oggi, con l’annullamento della condanna. “Lo
stato della South Carolina compì una gran ingiustizia” dice oggi il
giudice Mullen. “Si è sollevata una nuvola”, si commuove la sorella
minore, Katherine Robinson, oggi ottantenne, che per anni si è battuta per far riaprire il caso.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
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